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Questo diario racconta tappa dopo tappa il progetto LADAKH EXPEDITION 2025 di Fabrizio Rovella. In questa pagina troverai i momenti salienti, le riflessioni dal campo e le immagini raccolte lungo il cammino.
A cura di Fabrizio Rovella
Con regolari permessi per alpinismo lasciamo Leh la mattina di buon’ora. Siamo in 4: Targais, due portatori e il sottoscritto. Carichi come muli—i muli veri sono troppo cari, quindi facciamo da soli.
Prendiamo una valle laterale alla grande vallata di Rumtse. Zero tracce: è quello che cerco da sempre, alpinismo esplorativo. Guadi che con lo zaino carico non sono per nulla divertenti.
In lontananza vedo macchioline nere in movimento: yak al pascolo. I due pastori, marito e moglie, sono basiti: dicono di non aver mai visto nessuno nella loro vita in quella sperduta vallata.
La mattina successiva lasciamo il campo e ci inerpichiamo ancora più carichi, ma felici, perché le cime che vedo avvicinarsi non sono mai state scalate. L’idea, come in Pakistan, è aprire una nuova via.
In realtà mi sono dovuto fermare all’antico ma: sfasciumi, neve molle, roccette instabili. Da un lato forse si poteva provare, ma del quinto grado a 5000 metri con poche protezioni, anche no. L’importante è sempre ritornare e poterlo raccontare.
La via l’ho chiamata X MAX, “Per Max”: il mio miglior amico da sempre, che sta combattendo una sua via molto più difficile. Il sogno è ritornare insieme e magari finirla.
– Fabrizio Rovella
Un momento speciale di condivisione: Fabrizio Rovella, ideatore della Ladakh Expedition 2025, dialoga con Ivana Posti nella rubrica “Sognare si può”.
Tra sogni che si trasformano in progetti, spiritualità, esplorazione e SaharaMonAmour, il Ladakh fa da cornice a un racconto carico di emozione.
“Om mani padme hum” accompagna questo incontro. Buona visione!
– Sahara Mon Amour Team
Quelli che sulle Alpi chiamiamo “rifugi”, qui sono i Home Stay: autentici capolavori architettonici, con sale ospiti e cucine tramandate da generazioni.
Il primo Home Stay era a oltre 4000 m e, con stupore, offriva perfino il wifi. Rispetto al Pakistan, colpisce la ricchezza di fauna: marmotte, cerbiatti, aquile e un curioso gallinaccio. L’Ibex non viene cacciato: le sue corna decorano stupa e luoghi di preghiera.
Giornate impegnative si alternano a tappe “cuscinetto”. Il Passo Gadala (4980 m) segna la prima prova di acclimatamento—e lassù incontro un italiano in solitaria. Poi il Passo Komarula (5300 m), meno spettacolare ma affollato.
Carovane di cavalli trasportano i carichi per i campi alti; noi, per un’intera tappa, accompagniamo una mucca al villaggio successivo. Pareti mai scalate mi fanno sognare l’inverno su ghiaccio. Yak e cavalli pascolano in quota—sono loro qui a portare il campanaccio.
Un sole cocente ci costringe a chilometri di marcia finché un camioncino pieno di viveri (e un frigorifero!) ci offre un passaggio. La vera sfida arriva dopo il secondo passo: frane ci obbligano a calarci al fiume e superare decine di guadi; gli ultimi tre con scarpe e calze fradice. Ma l’auto ci attendeva a fondo valle, pronta per la prossima avventura.
– Fabrizio Rovella
Montagne da scalare ne abbiamo? Direi proprio di sì.
Atterrato nella capitale del Ladakh dopo 9 ore di volo notturno, affronto la quota: 3600 m. Camminate leggere mi aiutano ad acclimatarmi.
Bandiere di preghiera, stupa e il saluto Giulè mi accolgono. Profumo d’incenso e la prima passeggiata lungo il fiume Indo riempiono di emozione.
– Fabrizio Rovella
Già il viaggio in auto vale tutto il viaggio. Piste che tagliano la montagna a strapiombo su fiumi impetuosi, proprio come nei documentari. Scavatrici pronte a liberare la strada da frane quasi quotidiane.
L’arrivo a Padum, capitale dello Zanskar, è quasi una liberazione. Ospite del nipote di Targais e della sua famiglia: un’ospitalità da Mille e una notte. Ovunque thermos di tè e manicaretti a pranzo e cena. La pasta fatta in casa è la mia preferita—Algeria e Romagna insegnano; e mi torna alla mente quando la preparavo a Natale con la mia cara nonna.
Fremito collettivo per l’arrivo della più importante figura del buddhismo. L’intera popolazione in abiti tradizionali fa sembrare il viaggio sospeso nel tempo. Profumo d’incenso e un arcobaleno a ciel sereno durante la preghiera.
Due trekking molto belli, sempre visitando monasteri e parlando con i monaci. Viaggiatori da Repubblica Ceca, Germania, Italia, Francia, Giappone e da tutta l’India. Tantissimi motociclisti sulla mitica Royal Enfield.
Signore che lavorano a maglia davanti ai negozietti, producendo fasce in lana colorata. Bandierine di preghiera ovunque: il vento porterà il mantra nel mondo.
Quindici giorni pieni. Al ritorno in auto, un altro passo a 5000 m. Preferisco a piedi: avvicinamento più graduale. Ma il Ladakh mi attende per il “baby trek”.
Primo giorno: 9 km di saliscendi impegnativi. I due successivi, più tranquilli. Gran finale con la home stay TORO e un monaco buddhista che salmodia leggendo da un vecchissimo libro. Tè nero a litri prima, durante e dopo i trekking.
Shopping di souvenir: fasce in lana, calamite, magliette, bandierine, patch, adesivi, incenso.
Ora che il racconto sul blog è finito, spero sia piaciuto a tutti. Grazie per avermi seguito in questa ennesima avventura. Alla prossima.